Il Codice Civile italiano prevede all'art 2095, tra le categorie di lavoratori subordinati, quella dei dirigenti, demandando alla legge e alle norme corporative la determinazione dei requisiti di appartenenza alla stessa. Poiché nessuna legge vigente determina tali requisiti e le norme corporative non esistono più dopo la soppressione dell'ordinamento corporativo fascista, gli stessi vanno ricercati nella contrattazione collettiva.
Il ruolo del dirigente si caratterizza per:
i poteri di disposizione, coordinamento e controllo di cui è investito, che si estendono all'intera azienda o ad una parte di essa;
l'autonomia di cui gode nei confronti del datore di lavoro, sicché quest'ultimo non opera una vigilanza immediata nei suoi confronti;
l'elevata discrezionalità con la quale può assumere le sue decisioni.
Nella pratica non è sempre facile stabilire se un lavoratore rientra nella categoria dei dirigenti, soprattutto perché il confine tra la stessa e la categoria immediatamente inferiore dei quadri è piuttosto sfumato. D'altra parte talvolta la contrattazione collettiva fa rientrare nella dirigenza ruoli lavorativi privi di effettivo contenuto manageriale, come ad esempio alcune figure di professionals.
L'appartenenza o meno alla dirigenza ha un rilevo non indifferente per il trattamento giuridico del lavoratore giacché non mancano nel diritto del lavoro italiano norme riferite unicamente ai dirigenti. Tali norme delineano un trattamento in negativo rispetto a quello degli altri lavoratori, nel senso che il dirigente è sottratto all'ambito di applicazione di una serie di norme poste a garanzia del lavoratore. Tra le altre si possono ricordare le norme in materia di orario di lavoro, quelle in materia di contratti a tempo determinato e, soprattutto, quelle sul licenziamento. Al dirigente, infatti, non si applicano le norme limitative del licenziamento contenute nella legge 604/1966 e nella legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori) per cui è ancora possibile nei suoi confronti il cosiddetto recesso ad nutum, non sorretto da giusta causa o da giustificato motivo, con l'unico vincolo, posto dalla legge 108/1990, della forma scritta dell'atto di recesso, pena la sua inefficacia.
Questo è il significato di dirigente, ma voglio anche aggiungere che a volte si nomina dirigente un impiegato che ha lavorato tanti anni nella stessa società, e quindi si presume da parte dell'azienda che detto lavoratore abbia le capacità tecniche e strutturali per poterlo nominare tale, ma questo in molti casi non risponde a verità, ed io ne vedo qualche esempio vivente nella società della quale anche io ormai dopo 34 anni di anzianità (ma nel mio caso non promosso dirigente come giustamente deve essere, perchè io non ho le qualità, non sono mai andato a sparlare di qualcuno, non ho mai fatto intrallazzi di nessun genere, non ho saputo mai usare la lingua per altri scopi se non quelli naturali, insomma io non sono nessuno).
Ritornando ai dirigenti ad "honorem" sono quelli che non avendo capacità tecniche specifiche, non avendo un titolo di studio adeguato, ed alcuni non avendo nemmeno un minimo di educazione base, per poter trattare con i propri collaboratori (in certi casi schiavizzati), credono che tutti al loro passare debbano fare l'inchino, o se per caso debbono spostarsi dalla propria scrivania, questo deve avvenire solo per casi urgenti (tipo colpo improvviso di scac.........) e non più di una volta al giorno, altrimenti sei recidivo.
Alcuni considerano addirittura la pausa pranzo come un opzional del dipendente, che per poterne usufruire deve fare richiesta scritta almeno 24 ore prima. e non sempre ne può beneficiare, perchè prima di tutto viene il lavoro (e guarda caso alcuni dirigenti si ricordano che esiste un ufficio solo nell'ora di pranzo), perchè usufruiscono della tua pausa pranzo per farti lavorare, a cose che potrebbero benissimo fare un'ora più tardi, ed una volta che tu hai saltato il pasto scapicollandoti per finire il loro lavoro ( sempre urgentissimo), loro poi con calma assoluta si prendono la loro pausa pranzo in tutto relax (ma il loro è un pranzo di lavoro).
Il dipendente ideale di questi chiamiamoli Dirigenti è colui che :
Non lo importuna con richieste di aumenti salariali. non chiede mai permessi, non si lamenta per la mole di lavoro a cui è sottoposto, in casi di necessità può rimanere in ufficio anche dalle 7 del mattino fino alle 21 della sera senza far pesare troppo la decisione, nell'ora di pausa pranzo deve rimanere sempre disponibile per eventuali urgenze dell'ultima ora, ed eventualmente se proprio avesse bisogno di usufruire della pausa pranzo per andare a sbrigare una cosa personale, chiedere il permesso al diretto superiore.
Per fortuna non tutti i dirigenti della nostra Società fanno parte di questi esempi appena citati,devo dire che molti sono dirigenti veri, persone che capiscono anche le esigenze dei propri collaboratori, se ti chiedono un determinato lavoro lo fanno in modo deciso ma educatamente, non aspettano l'ora di pausa pranzo del dipendente, e questo perchè sanno organizzarsi meglio il lavoro e non procedono a tastoni, tanto più non debbono dimostrare alla Società che il grado di dirigenza ottenuto è frutto del loro impegno continuo e assiduo a qualunque ora del giorno, e che il personale alle loro dipendenze ubbidisce sempre e comunque e non chiede mai aumenti di stipendio.
DIRIGENTI SENZA P....
Se ne scoprono sempre di più, in tutti i reparti, in tutte quelle situazioni nelle quali il CAPO, che scopre un atteggiamento non consono per la buona riuscita del lavoro, vuoi che si tratti di un errore nella coordinamento dello stesso, vuoi che si tratti di procedimento errato nella elaborazione lavorativa. e vuoi che a volte il CAPO sia un pò inc.......per se stesso e con qualcuno se la deve prendere, ecco che colui che gli sta più vicino, ossia il dirigente responsabile dell'iniziativa, percepisce che sta girando il cosiddetto cetriolo a bassa quota e anzichè tentare di assorbire il colpo, e trovare un rimedio, si sposta di quel tanto che detto cetriolo arrivi dalle parti del suo più vicino collaboratore, il quale preso alla sprovvista non sa come difendersi, e quindi diventa obbiettivo facile da colpire in quanto se prova a scaricarsi la colpa non sua, automaticamente farebbe tornare il volatile al suo diretto superiore, con la conseguenza che per il resto della sua permanenza (a quel punto divenuta brevissima) nella società, dovrà ingoiare parecchi bocconi amari, come ritorsione alla sua decisione.
Questo succedeva anni orsono, questo succede ancora di più oggi, in quanto il lavoro si è fatto raro e prezioso e oltretutto sono cambiati gli atteggiamenti dei nuovi dirigenti, sempre meno preparati, sempre più senza p...., e sempre più meschini e privi di spina dorsale.
c.m.
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